Quello del Viterbese è un territorio assai antico, le quali leggende ancora oggi riemergono in ognuno dei borghi che qui è possibile trovare. Luoghi magnifici, talvolta esempi spettacolari di cittadine medievali perfettamente conservate e che, nei secoli, hanno fatto la fortuna della Tuscia accogliendo illustri ospiti e dando i natali ad altri.
Non è un caso che Viterbo, capoluogo di questo territorio, sia conosciuta anche come Città dei Papi. Ma se da una parte la storia del suo Palazzo papale è ormai ben nota anche oltreconfine, altri tesori storici si nascondono tra i confini delle sue possenti e lunghe mura.
Quella di Viterbo, infatti, era considerata nel medioevo una città molto importante. Tra le motivazioni ad averla resa celebre, anche quella di essere il crocevia dei pellegrinaggi verso Roma, grazie alla presenza della Via Francigena che ancora oggi permette di esplorare i quartieri più antichi del luogo, come San Pellegrino, il più grande quartiere medievale d’Europa.
Le chiese e la Bella Galiana
Nel suo grande centro storico, Viterbo nasconde numerose meraviglie e leggende. Non per nulla il capoluogo è famoso anche per le sue bellissime fontane storiche, disseminate in quasi ogni piazza del centro storico. Meno note, ma altrettanto bellissime, sono invece le sue numerose chiese. Dalla Cattedrale di San Lorenzo, all’ombra del Palazzo dei papi, fino alla più lontana chiesa di San Francesco, nei pressi di piazza della Rocca, le chiese di Viterbo sono grandi e maestose, ricche di aneddoti e storie tutte da scoprire.
Tra tutte non possiamo dimenticare la chiesa di Sant’Angelo di Spatha, ubicata in piazza del Plebiscito, cuore amministrativo della città per la presenza del palazzo comunale e della Prefettura. La chiesetta in questione, che forse non risalta per i suoi esterni quasi anonima, è ben nota invece per presentare, di fianco all’ingresso principale, un sarcofago etrusco-romano del II secolo d. C. di marmo bianco. Si tratta ovviamente di una riproduzione (l’originale è conservato presso il Museo Civico di piazza Crispi) ma la storia al personaggio a lui legato è a dir poco leggendaria.
“L’anno 1138 fu sepolta in questo marmoreo avello la fanciulla Galiana, incomparabile per bellezza e virtù, fiore e onore della patria, alla sua morte tutta la Tuscia parve rattristata e spento ogni gaudio cittadino”. Questo è ciò che possiamo leggere sul suo epitaffio e la storia di questa ragazza, Galiana, appunto, ancora oggi suscita interesse grazie ai suoi molti misteri. La bellissima viterbese era destinata a essere un sacrificio a un enorme cinghiale, che proteggeva e minacciava anticamente la città. La leggenda ci narra che la belva, una volta comparsa per divorare la bella Galiana, venne assalita da un leone, che la divorò per poi scomparire nella selva da dove era comparsa. Galiana e così la città di Viterbo, vennero liberate da questo “debito” di sangue e i viterbesi scelsero da quel momento di omaggiare il leone eleggendolo a simbolo della città.
Le torri e la furia di papa Urbano V
Molti secoli fa, intorno al 1300, lo skyline della città di Viterbo era profondamente differente da quello che oggi è ammirabile da vari punti del capoluogo. La città era infatti nota per ospitare numerosa torre, simbolo della presenza di numerose famiglie nobili, parecchie di origine romana, che si contendevano il potere sull’area circostante.
A oggi, queste torri sono ben poche rispetto ai numeri del passato e ancora meno solo quelle intatte. Ricordiamo sicuramente quella di San Biele – poco fuori da Porta Romana e passaggio della Via Francigena – quella degli Scacciaricci – nel cuore di San Pellegrino – e quella dell’Orologio – ubicata in piazza del Plebiscito, ma secoli addietro molte altre si ergevano in ognuno dei quartieri storici, in particolare a Pianoscarano, uno dei più antichi della città. Visitando questa particolare e magnifica area della città, ricca di scorci meravigliosi, vicoli ricolmi di fiori e profumi della cucina tipica locale, è possibile ammirare ancora molte delle basi delle torri che un tempo la caratterizzavano. Torri oggi mozzate, alte pochi metri rispetto al passato e che sono legate a una delle storie più avvincenti di Viterbo e del suo rapporto con la Chiesa.
All’inizio di questa storia correva l’anno 1367, e il molto poco indulgente papa francese Urbano V scelse di trattenersi a Viterbo durante il viaggio di ritorno a Roma da Avignone, abbandonata come sede papale. Erano ormai 86 anni che un papa non si vedeva in città e anche per questo tra i viterbesi c’era chi sperava di fare bella figura e, magari, convincere i papi a tornare qui per sempre. Come spesso accade quando si creano troppe aspettative, tuttavia, qualcosa non andò come doveva. Si racconta che alcuni servi francesi del papa, infatti, decisero di lavare un cane nella fontana di Pianoscarano, una delle più antiche e ben volute dai cittadini. Il gesto, che non teneva conto del fatto che tutti in quel luogo usavano la fontana anche per raccogliere acqua potabile, scatenò una vera e propria rivolta dei pianoscaranesi che produsse feriti e morti tra entrambe le fazioni: quella locale e quella papale. Urbano V intervenne reprimendo con estrema violenza la guerriglia, impiccando una decina di viterbesi e arrestandone moltissimi altri. Contriti, i rinsaviti pianoscaranesi demolirono la fontana in segno di penitenza, ma il papa, non ancora soddisfatto, ordinò la distruzione di tutte le torri del quartiere, delle quali oggi non restano che delle magnifiche ma mozzate basi.
Le fontane, memoria storica e artistica della città
Viterbo non solo Città dei Papi, ma anche Città delle fontane. Il capoluogo della Tuscia, infatti, non è noto ai più unicamente per la storia legata alla sua parentesi “papale”, ma anche per ospitare alcune delle fontane più belle e antiche d’Italia. Un patrimonio disseminato in ogni angolo del centro storico cittadino, che lo rende di fatto un grande museo a cielo aperto ricco di arte e storia da conoscere e raccontare.
Attraversando Viterbo, è possibile ammirare una fontana in quasi ognuna delle molte piazze presenti. Cominciamo il nostro viaggio immaginario da Piazza della Morte, con la sua bellissima fontana di San Tommaso, una delle più antiche di Viterbo. Da qui è breve la strada per raggiungere il Colle del Duomo, sede dell’omonimo Polo museale, della Cattedrale di San Lorenzo e della fontana presente della loggia delle benedizioni, all’interno dell’adiacente Palazzo dei papi. La nostra visita può proseguire attraversando la vicina Piazza del Gesù per la bellissima fontana che al suo centro incanta quotidianamente molti turisti. Ma ogni luogo di Viterbo ne nasconde una, e scoprirle tutte diventa una vera e propria caccia al tesoro per tanti visitatori assetati di storia e conoscenza.
Tra le fontane da non perdere assolutamente vi è quella dell’omonima Piazza Fontana Grande, che la ospita. Costruita nel 1212 di Fontana Grande è con molta probabilità la più famosa tra quelle presenti nel cuore della città e un grande esempio di stile gotico su base romanica. La sua realizzazione avvenne per mano dei maestri scalpellini Pietro e Bertoldo di Giovanni. Dai documenti storici l’appellativo “grande” comparve per la prima volta in un protocollo notarile dell’11 maggio 1483, stilato da Tommaso d’Andrea, in cui si ricorda una casa ubicata nella contrada di “Fontana grande”. Il nome, tuttavia, divenne ufficiale solo a partire dal 1565. Grande è anche la sua simbologia. La struttura a croce greca della vasca inferiore, come anche la colonna centrale su cui s’impostano due tazze sovrapposte e sovrastate da un pinnacolo, sono il frutto di una serie di rimaneggiamenti che si susseguirono nel corso dei secoli, a partire da quelli condotti nel 1279 per volere del podestà Orso Orsini. A questi seguirono i restauri nel 1424, finanziati anche da papa Martino V, della vasca inferiore e la nuova realizzazione della parte centrale della colonna e delle quattro teste di leone. Le particolari piramidi, oggi visibili nella zona inferiore della struttura, risalgono invece al 1827 e vennero eseguite su progetto dell’architetto Domenico Lucchi.
Visitare la Città dei papi perdendo la possibilità di conoscere le sue fontane, immortalate anche in una serie di francobolli ormai divenuti da collezione, potrebbe essere un vero peccato. Ancor più perché in tutto il centro storico vi sono disseminati i molti musei e le chiese che caratterizzano la città e la rendono un luogo d’arte e di storia di immenso interesse e valore.