Non tutti sanno che la storia della città di Viterbo affonda le sue radici fin nella leggenda. Secondo una di queste storie, i viterbesi non sarebbero solo discendenti diretti della civiltà degli Etruschi, ma addirittura del dio Ercole in persona.
Non a caso, nella parte più antica della città, proprio sotto il Colle del Duomo, si narra che sia presente un tempio dedicato proprio alla divinità greco-romana, sul quale oggi poggerebbe la cattedrale di San Lorenzo.
È proprio qui, su questo colle, che sorgono alcuni dei siti storico-culturali più affascinanti dell’intera città, come la sopraccitata cattedrale, ma anche il celebre Palazzo dei Papi, che rende famosa Viterbo oltreconfine come Città dei Papi, insieme a Roma e la francese Avignone.
Frutto di un ampliamento dell’originario edificio vescovile, il palazzo venne costruito in occasione del trasferimento della sede del pontefice Alessandro IV (1254-1261), papa assai noto, ancora oggi, poiché continua tuttora la ricerca dei suoi resti, forse nascosti proprio sotto il Duomo.
Scoprire questa zona è probabilmente il primo passo per comprendere l’intricata storia della città, tra mito e realtà e il Museo del Colle del Duomo offre a tutti i suoi visitatori un magnifico excursus di tutto questo.
Tra le molte leggende che narrano le origini di Viterbo vi è anche quella proposta dal frate domenicano Giovanni Nanni. Questi, nato e vissuto a Viterbo tra il 1432 e il 1502, per dare maggiore lustro alla sua terra rivelò che a fondare la città non fu altri che Noè in persona, costruendo quattro castelli: Fanum, Arbanum, Vetulonia e Longula. Da questa mitica tetrapoli arriva fino a noi l’acronimo FAVL, tutt’ora usato e ricordato nell’omonima Valle Faul e per molto tempo inserito nello stemma della città, nelle bandiere, nelle sculture e negli affreschi. Nei suoi Commentari il domenicano espone la teoria secondo cui Desiderio, ultimo re dei Longobardi, scelse di riunione con una cinta muraria i quattro castelli rimasti separati per secoli. Per convalidare la propria tesi Annio non si fece scrupoli e presentò addirittura un’iscrizione incisa in caratteri longobardi, rinvenuta presso l’attuale Piazza della Morte e dimostratasi poi, inevitabilmente, un falso.
I tesori del Museo del Colle del Duomo
Realizzato nell’anno giubilare 2000 per volontà della Curia Vescovile per volontà di Mons. Salvatore del Ciuco al fine di conservare e valorizzare il patrimonio della diocesi, il Museo del Colle del Duomo è oggi un’importante realtà culturale ricca di reperti e informazioni legate a molteplici periodi storici della zona, un vero tesoro artistico, archeologico e sacro.
Visitare il Museo vuol dire ripercorrere la storia del colle del Duomo e quindi della città di Viterbo sin dalle epoche più remote attraverso reperti villanoviani, etruschi, romani e medievali. Dal punto di vista artistico, il sito offre la possibilità di conoscere l’arte del territorio a partire dal XIII secolo fino al Settecento romano. Esplorare la magnificenza di opere pittoriche come La Madonna della Carbonara, i capolavori di Benvenuto di Giovanni, del caravaggesco Bartolomeo Cavarozzi, di Domenico Corvi e la Crocefissione, tradizionalmente attribuita al grande Michelangelo, può lasciare realmente senza fiato.
Ma è forse l’arte sacra, il vero fiore all’occhiello del Museo del Colle del Duomo. Oggetti realizzati con un’abilità fuori dal comune per rendere omaggio alla diocesi di Viterbo attraverso i secoli. Qui possiamo ammirare tesori come i paramenti e gli oggetti sacri appartenuti a pontefici come Giovanni XXI (papa dal 1276 al 1277), Pio IX (papa dal 1846 al 1878) ma anche la veste di San Bonifacio (XII secolo), tradizionalmente giunta a Viterbo dopo la conquista e distruzione della vicina Ferento nel 1172.
San Pellegrino, quartiere storico tra botteghe, leggende e Divina Commedia
E se il Colle, con il Museo, la cattedrale e il Palazzo dei Papi è il fulcro di quest’area, quel che vi orbita attorno non è da meno. Infatti, la zona sorge a ridosso dell’antico quartiere di San Pellegrino, uno dei più antichi del capoluogo della Tuscia, con le sue botteghe di artigiani, le chiese e tanti localini dove mangiare e apprezzare le qualità culinarie di Viterbo.
Piazza della Morte, Piazza del Gesù, Piazza San Carluccio e ovviamente Piazza San Pellegrino, hanno accompagnato la storia di Viterbo attraverso mille anni di storia, raccogliendo episodi che sconfinano nella leggenda e che sono stati al centro di opere dei più grandi interpreti delle arti italiane.
Molte storie si susseguono nel quartiere di San Pellegrino. Fra tutte ricordiamo quella legata l’assassinio di Enrico di Cornovaglia, della dinastia dei Plantageneti, storici re e sovrani d’Inghilterra, storicamente avvenuto nella chiesa di San Silvestro in piazza del Gesù nel 1271. L’episodio, tanto sanguinoso quanto leggendario venne addirittura ripreso da Dante Alighieri nella sua Divina Commedia, catapultando all’inferno uno degli assassini di Enrico, Guido di Monfort.
Ma San Pellegrino è anche gioia e colore e ce lo racconta bene la manifestazione di San Pellegrino in Fiore, pronta a invadere le vie del quartiere con composizioni floreali, opere artistiche e bancarelle dedicate al verde nei primi giorni di maggio di ogni anno. Un evento che immancabilmente catalizza su Viterbo un flusso turistico importante, aggiungendo un’altra motivazione ai visitatori per godersi la città.
Come si può dedurre dal nome, inoltre, San Pellegrino è il quartiere dove un tempo i pellegrini diretti a Roma transitavano per raggiungere San Pietro. Ancora oggi, l’omonima via San Pellegrino è attraversata giornalmente da viandanti, turisti e cittadini, rendendo il quartiere uno tra i più vivaci della città, non solo di giorno, ma anche la sera, con le luci, i locali e i tanti universitari che popolano Viterbo.
Questi non solo che alcuni esempi di quel che nascondono le vie, le strade e le piazze che circondano il Colle del Duomo. Luogo, come già accennato, prima meta di ogni buon visitatore che voglia assaporare la storia di Viterbo fin dalle sue origini mitiche, attraversando i secoli come un’alta marea che dalla curiosità non può far a meno di lambire ogni angolo di tali luoghi.
Non tutti sanno che Dante Alighieri nomina Viterbo e il suo territorio più volte nella sua Divina Commedia. Con i versi “Quale del Bulicame esce il ruscello. Che parton poi tra lor le peccatrici, tal per la rena giù sen giva quello. Lo fondo suo ed ambo le pendici. Fatte eran pietra, e i margini da lato” il Sommo poeta pare parlare proprio del Bulicame di Viterbo, sorgente termale che caratterizza la Città dei Papi e che fa la fortuna del capoluogo della Tuscia rendendolo noto anche oltreconfine per la presenza di acque termali e benefiche in gran parte del suo territorio. Proprio per questi versi, la città ha dedicato una stele che è possibile osservare nei pressi della fonte del Bulicame, poco al di fuori delle mura di Viterbo.